Nella pillola di oggi parleremo degli effetti che un periodo di sospensione lavorativa, accompagnata dal ricorso ad un ammortizzatore sociale, può avere sulla futura pensione del lavoratore.
D’altro canto, in questo periodo in cui espressioni come integrazione salariale, settimane a zero ore, riduzione dell’orario di lavoro sembrano essere diventate pane quotidiano – sia per i lavoratori che per le aziende e i loro consulenti del lavoro – e che in busta paga compaiono strane voci come ‘cig o assegno di solidarietà spettante’ ma l’imponibile contributivo [1] sembra essersi drasticamente assottigliato, il primo pensiero che un lavoratore può avere, magari proprio perché prossimo ad andare in pensione, è che nessuno stia versando i contributi per lui, e di conseguenza dovrà rimandare il suo pensionamento. Inoltre, come forse saprete, ad un lavoratore momentaneamente sospeso dal lavoro viene sì garantito un reddito durante il periodo di sospensione ma questo non è mai paragonabile a quanto avrebbe percepito se avesse lavorato, se non altro perché viene integrata solo una percentuale della retribuzione perduta e fino a concorrenza di un massimale imposto dall’Inps.
Ma è così? Non proprio, cercheremo di spiegare perché rispondendo ad alcune delle domande che ci sono state poste da lavoratori, clienti, amici e conoscenti su questo tema.
I periodi coperti dall’ammortizzatore sociale valgono per maturare il diritto alla pensione?
Si, ad oggi i periodi coperti dall’intervento di un ammortizzatore sociale, sono considerati utili per maturare il diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata, sia per quanto riguarda il requisito anagrafico e sia per la determinazione dell’ammontare, al pari di molte altre prestazioni di sostegno al reddito a carico dell’Inps. Nel caso dell’integrazione salariale, l’articolo 6 del D. Lgs. n. 148/2015 [2] prevede che i periodi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro per i quali è ammessa l’integrazione salariale sono riconosciuti utili ai fini del diritto e della misura alla pensione anticipata o di vecchiaia.
Com’è possibile che a un lavoratore vengano accreditati mesi di lavoro e contributi ai fini pensionistici se nessuno li versa e se lo stipendio è ridotto?
Qui entrano in scena i contributi figurativi, che potremmo definire anche ‘fittizi’ (in quanto non versati né dal datore di lavoro né dal lavoratore), e che vengono accreditati dall’Inps sul conto assicurativo del lavoratore per periodi in cui si è verificata una sospensione totale o parziale dell’attività lavorativa in costanza di rapporto di lavoro, senza che ci sia stato il versamento dei contributi obbligatori da parte del datore di lavoro.
Ma come si calcolano i contributi figurativi?
È lo stesso D. Lgs. 148/2015 a stabilire che la base di calcolo della contribuzione figurativa deve essere la retribuzione globale del lavoratore a cui è riferita l’integrazione salariale.
Quindi, nel caso di sospensione totale dell’attività con integrazione salariale a zero ore, l’importo figurativo da riconoscere viene calcolato sulla retribuzione lorda utilizzata per determinare il trattamento di integrazione salariale. Nello specifico, la base di calcolo deve essere determinata dal datore di lavoro sulla base degli elementi retributivi ricorrenti e continuativi. Nel caso invece di riduzione dell’attività lavorativa, l’importo la base di calcolo della contribuzione figurativa da accreditare sul conto previdenziale del lavoratore sarà determinata sulla differenza fra la retribuzione lorda da corrispondere in costanza di normale attività lavorativa e la retribuzione corrisposta in parte e assoggettata a contributi per le ore di lavoro effettivamente lavorate.
Su questo importo si applicano le aliquote di calcolo della contribuzione come normalmente avviene in caso di assenza o di sospensione, con una piccola riduzione dell’apporto contributivo che normalmente è a carico del lavoratore (si passa da un 9,19% a un 5,84%): il risultato sarà accreditato dall’Inps.
Con le prossime pillole affronteremo un’altra questione che potrebbe interessare i futuri pensionati: se al termine della cassa integrazione l’azienda dovesse licenziarmi e accedo alla disoccupazione (NASPI), cosa ne sarà della mia pensione?
Rinnoviamo in ogni caso l’invito a formulare le vostre domande o a contattarci qualora foste interessati ad approfondire un argomento specifico.
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[1] In pensione da quotista è la pillola previdenziale dove abbiamo spiegato cos’è l’imponibile contributivo in busta paga
[2] Decreto finalizzato al riordino di tutta la normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro