Come promesso nell’articolo del mese scorso, riprendiamo da dove ci eravamo interrotti per scoprire in cosa consistono gli altri due istituti, previsti dall’attuale normativa, che potrebbero dare un “aiutino” a chi ha avuto una vita lavorativa ricca di cambiamenti, con conseguente posizione previdenziale diversificata.
Ci siamo già occupati di ricongiunzione, sottolineando la possibilità – neanche troppo remota – che, per ottenerla e per portare i contributi all’interno di un’unica gestione previdenziale, spesso si rende necessario un esborso economico considerevole, per cui è consigliabile valutare attentamente l’efficacia e l’effettiva convenienza di questo tipo di operazione, caso per caso.
La totalizzazione, invece, è un altro strumento che rende possibile il colloquio tra due o più gestioni previdenziali ma in maniera del tutto gratuita. Tuttavia, per poter ricorrere a questo istituto, l’interessato non deve essere già titolare di pensione in nessuna delle gestioni interessate.
La pensione in regime di totalizzazione viene determinata, per intero, con il metodo contributivo se, al momento del pensionamento, il lavoratore non ha maturato un diritto autonomo a pensione in nessuna delle gestioni interessate, poiché, in quest’ultimo caso, il lavoratore manterrebbe, invece, il sistema di calcolo della prestazione maturata nel fondo interessato. Ad esempio: se un lavoratore totalizza i contributi presenti in due gestioni all’età di 66 anni e 7 mesi, avendo raggiunto in una delle due il requisito minimo di 20 anni di contributi e, quindi, un diritto autonomo a pensione di vecchiaia, la quota di pensione erogata da tale gestione manterrà il sistema di calcolo previsto dalle regole della predetta assicurazione. In ogni caso, ciascuna gestione provvederà a determinare il trattamento pro quota in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati.
Il metodo contributivo comporta, infatti, che l’importo della pensione venga determinato – si legge sul sito dell’Inps – dalla somma dei contributi accumulati e rivalutati durante la vita lavorativa. Questa somma viene poi convertita in pensione utilizzando coefficienti di trasformazione che variano in relazione all’età del lavoratore al momento del pensionamento. Più elevata è l’età, più alta sarà la pensione.
Nel 2019, al fine del raggiungimento della pensione di vecchiaia in totalizzazione, i requisiti richiesti sono 66 anni, con finestra mobile di 18 mesi, e 41 anni di contributi per la pensione anticipata, con 21 mesi di finestra mobile. Per finestra mobile concretamente s’intende che il pensionato, per poter riscuotere il suo primo assegno pensionistico, dovrà necessariamente aspettare 18 o 21 mesi.
Ma un vero colpo di scena c’è stato, in materia di strumenti pensionistici, quando la circolare INPS n. 140/2017 ha reso operativo, liberalizzandolo, anche alle casse di previdenza private, lo strumento del cumulo gratuito, già esistente nel panorama normativo generale. Ad oggi, è considerato l’istituto più favorevole per ottenere una pensione in presenza di più gestioni previdenziali interessate, soprattutto per i professionisti che da sempre erano stati estromessi da questa possibilità. Più precisamente, grazie a questo istituto, è possibile per il lavoratore che ha versato i contributi a più gestioni previdenziali, sfruttare per intero il proprio patrimonio contributivo, senza dover necessariamente sborsare elevate somme di denaro, come nella ricongiunzione, o dover attendere almeno un anno e mezzo prima di intascare l’assegno, come nella totalizzazione.
Diversamente dalla ricongiunzione, i contributi rimangono nelle casse di appartenenza, ma possono essere oggetto di computo ai fini della determinazione del diritto alla pensione.
Immaginate, per esempio, un assicurato di 62 anni che ha svolto 25 anni di lavoro subordinato nel settore pubblico ed altri 18 anni alle dipendenze di un datore di lavoro privato, periodi non tutti coincidenti da un punto di vista temporale. Ebbene dal 1° gennaio 2017 questi può sommare tali periodi (25+18=43) ed andare in pensione dato che, cumulandoli, ha raggiunto il requisito contributivo minimo per la pensione anticipata. È molto importante evidenziare però che, a differenza della totalizzazione, l’importo della pensione è determinato dalla somma dei pro-quota, che saranno tanti quanti sono le gestioni interessate: ciascuno determinerà il trattamento in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le regole di calcolo previste dal singolo ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni. Ciò significa che, diversamente da ciò che accade con la totalizzazione, la pensione verrà liquidata col sistema retributivo laddove esso sia applicabile, rapportandola alla media delle retribuzioni (o redditi per i lavoratori autonomi) degli ultimi anni lavorativi, fermo restando in ogni caso che, per i periodi successivi al 1° gennaio 2012, dovrà essere utilizzato solo il sistema contributivo.
Gli istituti fin qui richiamati ed utili alla maturazione della pensione sono da considerarsi strumenti validi alla determinazione del diritto alla pensione, ma avrete sicuramente sentito parlare o letto che i parametri da considerare sono almeno due: diritto alla pensione e misura della pensione (retributivo, contributivo e misto). Nei prossimi articoli dedicheremo uno specifico spazio all’approfondimento di tutti quegli strumenti ad oggi utilizzabili e al loro recente restyling che consente di poter ottenere il riconoscimento di periodi contributivi altrimenti scoperti o non utilizzabili (laurea, aspettativa, periodi non lavorati, buchi contributivi, ecc.).
Non ci stancheremo mai di ripetere ai nostri lettori e/o clienti di non fidarsi mai delle sole informazioni lette né del sentito dire senza procedere ad una puntuale verifica della materia con il supporto di un consulente esperto. Scegliere di percorre l’una o l’altra via, senza considerare l’altro lato della medaglia del quale non abbiamo ancora parlato, cioè della misura della pensione, sarebbe un grave errore. Non sempre è svantaggioso spendere per ricongiungere o totalizzare e calcolare la pensione con un sistema “notoriamente” sfavorevole, quello contributivo. L’abito migliore per andare in pensione a ciascuno di noi deve esserci cucito addosso, possibilmente da un bravo e scrupoloso sarto.
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In relazione a quanto in oggetto sono a richiedere quanto segue:
Sono un lavoratore dipendente al 06 dicembre 2019 faccio 62 anni e ho 40 anni di contributi, quindi acquisisco i diritti per andare in pensione con quota 100
Con la finestra a partire dal 01 aprile 2020 , ma visto la nuova situazione governativa le chiedo con la finanziaria 2020 possono cambiare le regole, ma io che
Maturo i requisiti nel 2019, posso stare tranquillo ?
Grazie anticipatamente
Giuseppe Cardonia
L’articolo 14 del DL 4/2019 ha introdotto dal 2019 la possibilità di andare in pensione con il mix di 62 anni di età e 38 anni di contributi in aggiunta ai canali di pensionamento tradizionali previsti dalla Legge Fornero (cioè pensione anticipata e pensione di vecchiaia). La misura ha carattere sperimentale: vale, ad oggi, solo per chi matura i suddetti requisiti di 62 anni e 38 di contributi entro il 31 dicembre 2021. Chi raggiungerà quindi i requisiti entro tale data, come il suo caso specifico, acquisirà il diritto ad andare in pensione in quota 100 anche successivamente al 31.12.2021 cristallizzando, cioè, il diritto a pensione. Quindi, ritornando alla sua domanda, per il momento salvo successive rivisitazioni della normativa può stare tranquillo.
Se non lo avesse già fatto, le consigliamo, di verificare il suo estratto contributivo perché, i “quotisti” devono rispondere anche ad un ulteriore requisito se dipendenti privati: 35 anni di contribuzioni dei 38 richiesti devono essere di contribuzione effettiva, escludendo quindi per esempio disoccupazione, malattia ed altre tipologie di prestazioni che riconoscono un accredito figurativo dei contributi e non effettivo.
Questo è quello che prevede ad oggi la normativa, su quello che sarà se vorrà potrà ricontattarci.
Grazie per aver lasciato un commento.
Buongiorno
vorrei andare in pensione di anzianità con la totalizzazione. Sto riscattando alcuni mesi del 1992.
Con questi avrei raggiunto i 40 anni e 7 mesi già nel 2018. Vorrei sapere se i 6 mesi di disoccupazione si contano per arrivare ai 40 anni e 7 mesi o no?
La Totalizzazione è uno strumento, completamente gratuito, che consente ai lavoratori che hanno avuto carriere discontinue con accredito dei contributi in gestioni previdenziali differenti, di valorizzare tutti i periodi utili alla maturazione del requisito pensionistico seppur in gestioni diverse.
I requisiti di accesso alla pensione di anzianità in totalizzazione per l’anno 2019 sono 41 anni di contributi (nel 2018 erano 40 anni e 7 mesi di contributi) nei quali si possono conteggiare tutti gli anni di contributi utili al diritto della pensione, seppur versati in gestioni previdenziali diverse. Restano esclusi dal conteggio ai fini del raggiungimento del requisito dei 41 anni i contributi figurativi quali per esempio la disoccupazione o anche la malattia.
Quindi, nel suo caso specifico, per verificare se al 2018 aveva già raggiunto il requisito richiesto, 40 anni e 7 mesi, i sei mesi di disoccupazione non potranno essere considerati.
Dovrà inoltre tener conto che questo accesso pensionistico prevede, oltre al perfezionamento dei suddetti requisiti, una finestra mobile che nel caso della pensione di anzianità è di 21 mesi.
Se fosse interessato ad approfondire la sua posizione, valutando eventuali altri strumenti utilizzabili, contatti lo studio per una Consulenza previdenziale.