La maternità e le sue regole
La maternità è stata, è e sarà sempre un momento importante ed estremamente particolare nella vita di una donna, condizione che ha subito moltissimi cambiamenti, sia a livello storico che normativo, per via dell’essenziale funzione familiare svolta da questa figura. Da quando la donna ha abbandonato il “comfort” – concetto volutamente virgolettato – della vita familiare e si è avvicinata a nuove forme di lavoro, “lontana” da casa, il nostro ordinamento non ha certo dimenticato di tutelarla, come si evince anche dalla presenza dell’art. 37 della nostra Costituzione, che sancisce la parità normativa e retributiva tra lavoratrici e lavoratori, prevedendo, inoltre, che le condizioni di lavoro debbano essere tali da consentire alla madre e al nascituro una speciale protezione.
Come dicevamo poc’anzi, la maternità è una condizione molto particolare, normata dal Testo Unico per la tutela ed il sostegno della maternità e della paternità emanato con il D.Lgs. n. 151 del 2001. In uno dei nostri primissimi articoli, avevamo già parlato dalla maternità [*] ma nello specifico dei comportamenti che il datore di lavoro dovrebbe seguire nel momento in cui viene a conoscenza della “lieta novella”, cioè quando una sua lavoratrice comunica di essere in dolce attesa.
Cosa cambia in base allo status della lavoratrice
Oggi, con questo nuovo articolo, vogliamo invece darvi alcune informazioni su quali sono le regole, ma soprattutto le differenze, che intercorrono tra una maternità e l’altra, in base allo status della lavoratrice. Cominciamo!
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Lavoratrici dipendenti
L’art. 6 del T.U. disciplina il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, il c.d. congedo obbligatorio di maternità, in cui viene fatto divieto assoluto di adibire al lavoro la dipendente. Il congedo obbligatorio comprende il periodo relativo ai 2 mesi precedenti alla data del parto presunto ed ai 3 mesi successivi al parto. Più precisamente, il congedo comprende anche:
- il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto, qualora quest’ultimo avvenga oltre la data presunta;
- i giorni non goduti prima del parto, qualora questo avvenga in data antecedente rispetto a quella presunta: tali giorni saranno computati al congedo di maternità dopo il parto, anche se si supera il periodo complessivo di 5 mesi (ciò può aversi solo nelle ipotesi di parto fortemente prematuro avvenuto prima dei 2 mesi antecedenti la data presunta, come previsto dalla Circolare INPS 69/2016).
Il legislatore, tuttavia, prevede anche la possibilità di anticipare il periodo di astensione obbligatoria, soprattutto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che siano da ritenersi pericolosi, gravosi o pregiudizievoli allo stato di avanzamento della gravidanza. Questa interdizione anticipata può essere disposta:
- dalla A.S.L., in base alle risultanze degli accertamenti medici qualora sussistano delle gravi complicanze;
- dalla I.T.L., d’ufficio oppure su istanza della lavoratrice o del datore di lavoro, se esistono delle condizioni di lavoro od ambientali ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del nascituro, oppure ancora quando la futura mamma adibita a lavori pericolosi, gravosi, faticosi od insalubri non possa essere spostata ad altre mansioni.
Per le stesse ragioni di cui sopra, tale periodo di astensione obbligatoria può, altresì, essere prorogato a 7 mesi dopo il parto.
Ferme restando le regole classiche sulla durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici possono anche usufruire della facoltà di godere di un congedo di maternità “flessibile”. E’ infatti possibile posticipare l’inizio del congedo obbligatorio al mese precedente la data presunta del parto e proseguire per i 4 mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del S.S.N. ed il medico competente ove presente, attestino che non vi siano condizioni pregiudizievoli alla salute della gestante e del nascituro. Addirittura, con la Legge n. 145/2018 tale flessibilità è stata ulteriormente allargata, in quanto la lavoratrice può astenersi dal lavoro dalla data del parto per i 5 mesi successivi, lavorando di fatto fino all’ultimo giorno di gravidanza purché stia bene e in un ambiente salubre.
Per quanto concerne la parte retributiva, per tutto il congedo di maternità obbligatorio compete alle lavoratrici un’indennità giornaliera erogata dall’INPS all’80% della retribuzione. Inoltre, tale periodo è coperto da contribuzione figurativa.
Una nota particolare va fatta per le lavoratrici dipendenti del settore agricolo: per le dipendenti OTI (operaie a tempo indeterminato), valgono gli stessi criteri delle altre lavoratrici dipendenti, mentre per quanto concerne le OTD (operaie a tempo determinato), la prestazione di maternità spetta a condizione che queste risultino iscritte negli elenchi dell’anno precedente per almeno 51 giornate lavorative.
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Lavoratrici autonome ed imprenditrici agricole professionali (IAP)
Alle lavoratrici autonome, coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attività commerciali ed alle imprenditrici agricole professionali, è corrisposta un’indennità giornaliera, per i due mesi antecedenti la data del parto e per i tre mesi successivi alla stessa (art. 66 del T.U.).
Requisito essenziale per il diritto alla prestazione, nel caso di artigiane e commercianti, è il possesso della qualifica di lavoratrici autonome rilevabile dall’iscrizione nella relativa gestione previdenziale e la copertura contributiva per il periodo indennizzabile di maternità. Nel loro caso, è corrisposta un’indennità giornaliera pari all’80% del salario minimo retributivo della qualifica di impiegato dei settori commercio ed artigianato (nel 2020 ammontava ad € 39,18). L’indennità di maternità viene erogata dall’INPS a seguito di apposita domanda effettuata dalla lavoratrice, da inoltrare in via telematica, corredata da un certificato medico rilasciato dall’azienda sanitaria locale competente per territorio, attestante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto.
Nel caso, invece, di coltivatrici dirette, colone e mezzadre ed imprenditrici agricole, spetta un’indennità pari all’80% della retribuzione minima giornaliera per gli operai agricoli a tempo indeterminato, in relazione all’anno precedente il parto (nel 2020 pari ad € 34,856). La domanda, anche in questo caso, deve essere presentata in via telematica nel termine di prescrizione di un anno decorrente dal giorno successivo all’ultimo giorno indennizzabile.
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Libere professioniste
Alle libere professioniste, iscritte ad una cassa di previdenza ed assistenza, come ad esempio noi Consulenti del Lavoro, oppure Medici, Farmacisti, Commercialisti, Ingegneri, Avvocati, ecc… è corrisposta un’indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi alla stessa (art. 70 del T.U.). Tale indennità viene corrisposta in misura pari all’80% di cinque dodicesimi del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali, come reddito di lavoro autonomo, nel secondo anno precedente quello della domanda di maternità (…un calcolo più complesso e farraginoso di questo sarebbe stato difficile da individuare!).
Per quanto riguarda la libera professione, alle lavoratrici che presentono domanda di maternità, l’indennità è corrisposta, indipendentemente dall’effettiva astensione dal lavoro, dalla competente cassa di previdenza ed assistenza, a seguito di presentazione di apposita domanda presentata a partire dal compimento del sesto mese di gravidanza ed entro il termine, perentorio, di 180 giorni dal parto. La domanda deve essere corredata da certificato medico comprovante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto e da una dichiarazione attestante l’inesistenza del diritto alle indennità di maternità corrisposte dall’INPS alle altre categorie di lavoratrici.
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Lavoratrici parasubordinate
Per tutte le lavoratrici non iscritte ad altre forme obbligatorie o non iscritte a casse di previdenza ed assistenza, bensì tenute all’iscrizione alla Gestione Separata dall’INPS, la gestione della domanda di maternità segue le medesime regole delle lavoratrici dipendenti.
L’indennità è corrisposta per un periodo di 5 mesi complessivi, e la lavoratrice parasubordinata, come quella dipendente, può avvalersi della flessibilità: in tal caso, ella dovrà produrre la necessaria documentazione medica al proprio committente, mentre all’INPS dovrà solo comunicare la scelta di avvalersi della flessibilità. Nel caso specifico in cui la lavoratrice voglia invece fruire dell’astensione esclusivamente dopo l’evento del parto, ella dovrà presentare al proprio committente, ma non all’INPS, la documentazione medica richiesta e – solo ai fini dell’erogazione dell’indennità – comunicare all’INPS entro l’inizio dell’8° mese di gravidanza la scelta di avvalersi di tale scelta (tale documentazione sanitaria, comunque, dovrà essere prodotta inderogabilmente nel corso del 7° mese di gravidanza e deve attestare l’assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro).
L’indennità di maternità, infine, è corrisposta anche nel caso di astensione anticipata, come per le lavoratrici dipendenti.
Be’, di carne al fuoco ne abbiamo messa parecchia! Speriamo vivamente che questo riassunto possa essere utile a tutte quelle donne già in dolce attesa o che, prima o poi, lo saranno.
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