La notizia dello stato di gravidanza di una dipendente è, nella maggior parte dei casi, motivo di scompiglio e di stress per il datore di lavoro, in ragione delle numerose domande che si pone rispetto alle procedure da seguire, alla possibilità o impossibilità di farla lavorare, ecc. Il lato oscuro, in questi casi, riguarda proprio la gestione del rapporto di lavoro prima della nascita del figlio, o comunque prima dell’inizio del periodo di astensione obbligatoria.
Questo articolo vuole essere una breve guida per il datore di lavoro che si vede recapitare il certificato medico di una dipendente che attesti lo stato di gravidanza, oppure che venga informato verbalmente dalla stessa lavoratrice della lieta novella; quanto invece è previsto dalla normativa in termini di tutela della maternità, dal momento del parto in poi, è forse già più noto ma ce ne occuperemo un’altra volta.
La gravidanza non è una malattia, sembra un’affermazione ovvia ma non lo è.
Tuttavia, il nostro ordinamento ha previsto una serie di norme, a tutela della salute della futura mamma e del bambino, che non è possibile ignorare, sempre che si venga informati di tale stato. Nel corso della nostra lunga carriera lavorativa ci sono capitate situazioni al limite dell’assurdo o del surreale: lavoratrici che per paura di venire licenziate hanno nascosto il loro stato di gravidanza fino all’inevitabile momento del parto, datori di lavoro che in accordo con le lavoratrici hanno continuato a farle lavorare fino all’ultimo giorno, oppure che pretendono di farle lavorare a distanza “perché tanto, a casa non c’hanno da fare niente!”. E ancora, assunzioni fittizie per “sfruttare la maternità, tanto paga lo Stato”, lavoratrici che si fanno assumere senza svelare il loro “segreto” per poi (ops!) candidamente recapitare al datore di lavoro la domanda di astensione obbligatoria il giorno dopo, lavoratrici che vengono assunte in sostituzione di altre assenti per maternità e che, a giochi fatti, si scoprono a loro volta in dolce attesa…e così via! In ogni caso, bisogna sempre far buon viso a cattivo gioco, l’importante è non perdere la calma, evitare reazioni istintive e, possibilmente, consultare il proprio Consulente del lavoro.
Tornando alle indicazioni pratiche, è bene evidenziare che è fatto divieto assoluto per il datore di lavoro di:
- Licenziare la dipendente dopo aver appreso la notizia dello stato di gravidanza e fino al compimento di un anno di vita del bambino (fanno eccezione la giusta causa, la chiusura aziendale e il termine di un contratto a tempo determinato);
- Adibirla a lavoro notturno;
- Far lavorare la dipendente durante il periodo che viene definito periodo di congedo o astensione obbligatoria e che, normalmente, coincide con i due mesi prima del parto e i tre dopo o, in caso di flessibilità, ad un mese prima del parto e quattro dopo.
Altro aspetto rilevante è la corretta gestione, da parte dell’azienda, del rapporto di lavoro prima che abbia inizio il periodo di astensione obbligatoria. In tal senso si potrebbero verificare tre ipotesi che determinano il diritto per la futura mamma di astenersi anticipatamente dalla prestazione lavorativa:
- Gravi complicazioni della gravidanza;
- Presenza di condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute della donna e del nascituro;
- Attività faticose ed insalubri che la espongono ad un rischio per la salute e la sicurezza.
Nei casi rientranti al punto uno, l’iniziativa è della dipendente che dovrà presentare una specifica domanda alla ASL competente, corredandola di certificato medico attestante lo stato di salute; decorsi sette giorni dalla presentazione della domanda, questa si considera accolta. Il datore di lavoro dovrà far decorrere l’astensione sin dal primo giorno di assenza della lavoratrice, giustificata dalla presentazione del certificato medico, e non ci saranno quindi necessarie successive comunicazioni da parte della ASL al datore di lavoro.
L’astensione anticipata, determinata invece da quanto previsto al punto due, può prendere avvio su iniziativa della lavoratrice o del datore di lavoro. Apposita istanza andrà presentata all’Ispettorato Territoriale del lavoro (ITL) competente (di solito è quello della provincia in cui si svolge l’attività lavorativa) utilizzando i modelli messi a disposizione sul portale web dell’ente stesso. Per quanto riguarda il datore di lavoro, la domanda in questione dovrà essere corredata da una dichiarazione riportante i motivi e le cause ostative allo svolgimento della prestazione lavorativa, nonché la precisazione dell’impossibilità di adibire la dipendente a mansioni diverse da quelle normalmente svolte. I casi più frequenti sono quei lavori in cui è prevista la “stazione in piedi” per più della metà dell’orario di lavoro (parrucchiere, bariste, collaboratrici domestiche ecc.), oppure che presuppongono spostamenti continui in automobile o con altri mezzi di trasporto. Il datore di lavoro nella compilazione del modello dovrà farsi supportare anche da chi si occupa della gestione della sicurezza in azienda: ad esempio, il medico competente se è prevista la sorveglianza sanitaria aziendale. A differenza di quanto previsto nel primo caso, l’interdizione decorrerà dal rilascio di apposita autorizzazione da parte dell’ente accertatore (ITL).
Nel terzo caso, invece, ad intervenire è direttamente l’ente preposto – ITL – su autonoma iniziativa e quindi il datore di lavoro dovrà solo acquisirne il relativo provvedimento.
Se invece, la futura mamma, non dovesse anticipare il periodo di congedo obbligatorio, il datore di lavoro avrà l’obbligo di riconoscerle solo dei permessi retribuiti per l’effettuazione degli esami prenatali che dovranno essere poi giustificati da un’apposita attestazione.
Pochi e semplici passi devono facilitare la strada da percorrere e le scelte da effettuare quando si apprende la notizia dello stato di gravidanza di una dipendente; molto altro ci sarebbe ancora da dire, ma il consiglio migliore rimane sempre lo stesso: contattare il proprio consulente del lavoro, saprà supportarvi e alleggerirvi dallo stress che la notizia vi ha provocato.
Ad ognuno il suo lavoro…affidatevi!
Buongiorno, le chiedo una consulenza rispetto ad un tema che è nuovo anche per la gentile sindacalista da cui sono seguita (*****) . In data 24 Febbraio 2020 ho ottenuto l’interdizione lavorativa per lavoro a rischio ( stato di gravidanza) , compilata dalla mia dirigente scolastica in quanto sono un’insegnante di sostegno e seguo una bambina disabile con varie difficoltà ( Rischio biologico e sollevamento peso) Dal 2 Marzo ho iniziato però a compilare il cronoprogramma delle attività sul registro elettronico del mio istituto in quanto ho giornalmente inviato i compiti alla mamma della bambina che seguo e sto continuamente seguendo la bambina e vedendo la classe tramite “zoom” e caricando determinati file su classroom , facendo quiz, kahoot, video in cui racconto fiabe e relative schede di comprensione etc. Insomma, sto lavorando, forse anche più di prima ma senza nessun rischio lavorativo in quanto lavoro da casa. Ho messo al corrente la mia DD che mi ha puntualmente riferito che i rischi per me sono venuti meno e che nomineranno una supplente quando riprenderanno le lezioni, se riprenderanno. Mi ha giustamente scritto che preferirebbe che io continuassi a seguirla ” perchè non è facile trovare qualcuno di bravo a questo punto dell’anno e soprattutto perchè non conoscerebbe la bambina se non a distanza e non le sembra il caso di darle ulteriori traumi”. Io vorrei capire come comportarmi anche rispetto a quelli che sono i miei diritti. La data presunta del parto è il 5 ottobre 2020, con un documento di interdizione in atto ( che però mi fa lavorare più di prima ) posso chiedere la maternità obbligatoria ad un mese prima dal parto? O forse vale più la pena, vista l’attività didattica in presenza sospesa, non fruire più di questa agevolazione? La ringrazio molto per l’attenzione e la pazienza vista l’emergenza che stiamo vivendo. Distinti saluti e grazie Valentina Rago
Gent.ma Valentina,
premesso che immagino sia alle dipendenze di una scuola statale e quindi rivesta la qualifica di dipendente pubblico, in realtà se lei ha ottenuto un’interdizione per lavoro a rischio significa che è in “astensione anticipata”, ovvero in quel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza e i due mesi precedenti la data di parto presunto (quindi, nel suo caso, fino al 5 di agosto 2020), periodo in cui è fatto divieto assoluto di prestare la propria attività lavorativa. Diverso sarebbe stato il caso in cui l’avessero adibita ad un’attività di tipo diverso, non rischiosa, come poteva essere in questo caso l’insegnamento a distanza che, a quanto ho capito, è stata solo una conseguenza del diffondersi del COVID 19. Per rispondere alla seconda domanda, se l’interdizione lavorativa le è stata concessa fino all’inizio del’astensione obbligatoria, non può chiedere la flessibilità proprio perché quella è legata ad un’attività lavorativa in atto durante la maternità, per cui si richiede di spostare in avanti l’inizio dell’astensione, condizioni di salute e tipo di lavoro permettendo, e necessita anche del parere favorevole sia del suo medico che del medico competente alla sorveglianza sanitaria della scuola in cui lavora.
Speriamo di aver chiarito i suoi dubbi.
Studio Neri Sabatini
Buongiorno, le chiedo consulenza perché nessuno mi ha dato una risposta certa.
Sono una cassiera per una grande catena di alimentari è dal 20 marzo che sono in malattia in quanto mandata a casa per febbricola, nel mese di aprile ho scoperto di essere incinta ma essendo stata segnalata come possibile covid ho dovuto fare mille peripezie per riuscire a farmi visitare. È stata accertata la gravidanza quindi ho chiesto al mio medico e alla ginecologa se per il mio tipo di lavoro a contatto con il pubblico in questo periodo di covid ci fossero dei problemi Non mi è stata data una risposta concreta mi è solo stato detto se non ha problemi a lavoro ci può andare. Non so che fare in quanto le condizioni non sono molto sicure sia per la mia salute che per quella di mio figlio
Gentilissima Laura,
trattandosi di una grande catena alimentare, è probabile che l’azienda sia dotata di un servizio interno di sorveglianza sanitaria che dovrebbe esprimere il proprio parere tecnico attraverso il medico del lavoro competente, in merito alle eventuali condizioni di lavoro o ambientali più o meno pregiudizievoli alla sua gravidanza, sia in funzione del protocollo anti contagio COVID che, più in generale, dell’attività da lei svolta all’interno dei locali. Tutto ciò al fine di valutare se adibirla o meno a mansione diversa fino all’inizio della maternità obbligatoria (se questo sarà possibile) oppure, nel caso in cui lo spostamento non sia possibile, inoltrare all’Ispettorato Territoriale del lavoro competente la richiesta di autorizzazione a collocarla in maternità anticipata. Il Consiglio è di inviare quanto prima il certificato di gravidanza al suo datore di lavoro, chiedendo espressamente di attivare la procedura in questione.
In ogni caso, i nostri migliori auguri per la sua maternità!